Positivismo nell’età contemporanea

Il Positivismo e l’educazione
L’età del Positivismo, con la sua fede indiscussa nelle scienze, il primato sociale della borghesia e dei suoi valori, è stata portatrice di nuovi problemi educativi. La richiesta di un aumento della cultura di base, per la formazione del cittadino, si è imposta con maggiore consapevolezza, ponendo il problema urgente di una scolarizzazione di massa. La fiducia in un’educazione capace di diventare, attraverso la scuola, motore del progresso sociale, ha posto l’urgenza di rifondare tutto l’apparato teorico e pratico della pedagogia, ancorandola al fatto e al dato scientifico.
La rivoluzione darwiniana, ad esempio, ha dato un importante contributo allo sviluppo della psicologia dell’età evolutiva, ponendo l’attenzione sulla componente biologica dello sviluppo, sullo studio etologico delle emozioni, dei comportamenti e dell’intelligenza.
Saint-Simon. Esponente del Positivismo francese, Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (1760-1825) nei suoi scritti (Catechismo degli industriali, 1823; Il nuovo Cristianesimo, 1825), ha criticato la discriminazione sociale del sistema educativo e ha sottolineato l’inefficacia intellettuale.
Saint-Simon ha rivendicato il diritto di tutti all’educazione, intesa come uno strumento politico fondamentale per la trasformazione della società. Egli ha criticato il modello educativo corrente, ritenendolo intellettualmente inefficace: l’educazione deve rendere partecipe il popolo e deve essere potenziata da un punto di vista scientifico, per contribuire al progresso della società industriale.
Comte e l’educazione positiva. Auguste Comte (1798-1857), autore del famoso Corso di filosofia positiva, del Catechismo positivista, del Sistema di politica positiva, delle Lettere, nei suoi scritti ha auspicato l’affermazione di un’educazione «positiva», caratterizzata dall’insegnamento delle scienze «rispondenti alle esigenze della società moderna», sostituendo finalmente quella tradizionale, essenzialmente teologica.
Questa nuova educazione «positiva» dovrà favorire la solidarietà fra gli esseri umani e formare al raziocinio. Comte, reagendo alla scuola del suo tempo, orientata alla formazione professionale, ha affermato che un’educazione di tipo umanistico-letterario deve bilanciare la cultura scientifica. Il curricolo scolastico proposto dal pensatore francese è il seguente:
1) da 0 a 7 anni, l’educazione dei bambini spetta alla madre;
2) dai 7 ai 14 anni, con la présentation inizia la prima fase dell’istruzione
pubblica;
3) dai 14 ai 21 anni, con l’initiation inizia lo studio di carattere enciclopedico;
4) dai 21 ai 28 anni, con l’ammission iniziano gli studi universitari, e
un apprentissage pratique orienta al mondo professionale;
5) a 28 anni, con la destination, c’è l’inserimento nel mondo produttivo.
Comte ha prospettato l’idea di una «educazione permanente», cioè di un processo educativo che non termina con l’inserimento dell’individuonella società adulta, ma dura tutta la vita.
Il positivismo italiano
Il pensiero pedagogico di Roberto Ardigò
1828 - Nasce a Mantova.
1866 - Sacerdote e insegnante di filosofia presso il liceo di Mantova, pubblica
La psicologia come scienza positiva.
1871 - Si sveste dell’abito talare.
1891 - Ottiene la cattedra di Storia della filosofia presso l’Università di Padova
1893 - Pubblica l’opera Scienza dell’educazione, che raccoglie le lezioni di un biennio, dove troviamo la sua concezione pedagogica.
1920 - Muore suicida.
Ardigò è una delle figure più rappresentative della pedagogia positivistica, in Italia. La qualità dell’educazione, secondo Ardigò, è l’acquisizione di sane abitudini sociali, utili a sé e alla società. È tramite l’educazione che le nuove generazioni si inseriscono e diventano parte integrante della società. L’educazione scaturisce soprattutto dalla famiglia e dalla scuola.
Ardigò ha affermato che conosciamo attraverso l’intuizione. Il termine «intuitivo» deriva dal latino intueri e significa «vedere». Il metodo intuitivo è quello attraverso il quale s’insegna facendo vedere.
Abbiamo due tipi di intuizioni:
diretta e naturale;
diretta e artificiale.
Attraverso la prima noi conosciamo le cose del mondo, senza avvalerci di alcun aiuto o supporto e utilizzando solamente i nostri sensi.
La conoscenza avviene, perciò, in tre momenti: intuizione, sensazione ed esperienza. Chi è istruito per mezzo del vecchio metodo ha imparato paroloni senza sapere collegarli, mentre adesso s’insegna per mezzo delle cose. L’ambiente, in cui un individuo nasce, forma l’oggetto della sua prima intuizione, per cui il modo di pensare di un italiano sarà diverso da quello di un giapponese e via dicendo. Per questo l’intuizione segna profondamente ognuno di noi, facendolo essere diverso dagli altri.
Per quanto concerne l’intuizione diretta e artificiale, questa ci consente di conoscere attraverso l’esperienza compiuta dagli altri. Ad esempio, tutti sanno che cos’è un fiore, ma solo attraverso la guida dell’insegnante e, grazie allo studio, svolto dai botanici, si potrà coglierne le particolarità. Potremo, quindi, analizzare la corolla, il pistillo, il calice, lo stelo, i petali e così via. Tutto ciò, però, si può apprendere a scuola, luogo nel quale l’alunno potrà acquisire il linguaggio delle varie discipline.
Anche Ardigò, come già aveva sostenuto Pestalozzi, ha affermato che bisogna partire dal semplice per arrivare al complesso, dal noto all’ignoto e dal vicino al lontano. Educare significa, poi, far acquisire sane abitudini morali, civili, sociali e altruistiche. Tali abitudini possono essere acquisite mediante l’esercizio, anche se questo metodo sarà, criticato in quanto, attraverso l’esercizio s’imparano le cose «mnemonicamente».
3) Il pensiero pedagogico di Aristide Gabelli
1830 - Nasce a Venezia.
1870-1890 - Direttore del Convitto nazionale Longone a Milano, dopo l’Unità ricopre cariche prestigiose: Provveditore agli Studi a Roma, Direttore capo per l’istruzione primaria e popolare, membro del Consiglio Superiore della Pubblica istruzione e ispettore centrale.
1880-81 - Pubblica le opere Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari dItalia; L’educazione razionale e Listruzione in Italia.
1888 - Elabora i nuovi Programmi per l’istruzione elementare.
1891 - Anno della morte.
Parte Seconda: Modelli educativi e storia della pedagogia Aristide Gabelli, più che un teorico del Positivismo come è stato Roberto Ardigò, è stato colui che ne ha tradotto in pratica i principi nell’organizzazione scolastica. Pur applicando i criteri delle scienze
positive, non aderisce completamente al sistema filosofico del Positivismo.
Del Positivismo ha respinto, infatti, il materialismo e ne ha criticato l’atteggiamento anticlericale, mentre ne ha sposato la scientificità nell’affrontare i problemi educativi, visti alla luce della realtà sociale in evoluzione e dei fatti concreti.
Il Positivismo di Gabelli coincide, dunque, con una vera e propria metodologia d’indagine e con l’interesse volto alla formazione della mente e del carattere, non al numero delle nozioni apprese. La regola è, secondo Gabelli, partire dal particolare, dal noto; il fanciullo è sensibilità, azione, fantasia, quindi bisogna istruirlo attraverso l’azione (il gioco di Fröbel), perché impara ciò che fa ed esperimenta. Il compito primario della scuola è di insegnare a pensare, partendo dall’osservazione dei fatti; ciò comporta la necessità di un metodo intuitivo, che è più importante del programma, perché quel che conta è come si impara non cosa.
Gabelli ha parlato di «curriculum implicito», intendendo tutto ciò che il bambino ha ricevuto dall’ambiente, dal quale la scuola deve trarre profitto nella sua opera educativa. Bisogna elaborare un metodo fondato sull’interesse dell’allievo, che stimoli di continuo la sua curiosità.
Scopo primario dell’insegnamento è la formazione di abitudini e il fine più alto è quello morale (vigore al corpo, penetrazione all’intelligenza, rettitudine all’animo).
A tal proposito, Gabelli inizia l’opera Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari dItalia con un aneddoto: «Raccontano che una volta venne da un’accademia bandito un premio a chi avesse saputo trovare le ragioni per le quali un pesce morto pesa più di un pesce vivo […] pensò di mettere sulla bilancia un pesce vivo, poi, avendolo ucciso, ve lo rimise morto, ed accertò che vivo e morto pesava egualmente ».
Gabelli vuole, in tal modo, sostenere che non è facile rinnovare i metodi d’insegnamento: bisogna cambiare i maestri, abituati al dogmatismo e alla pedanteria, per svecchiare i metodi.

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