La psicopedagogia europea: Freud, J. Piaget, L.S.Vygotskij


S.FREUD e la pedagogia
La psicoanalisi mette in discussione radicalmente l’immagine tradizionale del fatto educativo. L’atteggiamento di Freud verso l’educazione è ambivalente. Da un certo punto di vista il suo pensiero costituisce la critica più pesante e radicale che sia mai stata fatta all’idea stessa di educazione. L’educazione familiare e sociale è all’origine della rimozione nell’inconscio di tutto
il potenziale istintivo, e al contempo creativo, presente nell’individuo.
Ogni progetto formativo, in questa prospettiva, comporta una repressione elementare degli istinti attraverso cui si determinano l’infelicità individuale e il disagio sociale (v.
Il disagio  della civiltà).
Attraverso l’educazione si attiva quel complesso di angosce, inibizioni e senso di colpa che costituisce la causa di molte nevrosi, oggetto della terapia psicoanalitica.
Per tutti questi motivi, si può affermare che il programma psicoanalitico è nettamente antipedagogico.
D’altro canto Freud stesso sottolinea non solo l’ineluttabilità ma anche la positività dell’educazione, poiché attraverso di essa si instaurano civilizzazione e cultura diffusa, rafforzamento dell’io e processi sublimativi (trasferimento delle cariche libidiche da mete più vicine ad altre più differite e lontane), con cui gli istinti sono elevati e "trasfigurati" in vita sentimentale e produzione artistica, scientifica, filosofica.
Inoltre, le dinamiche affettive ed identificatorie sottese ad ogni processo educativo fanno sì che sia molto difficile esercitare la professione di educatore in modo pienamente equilibrato: ma ciò vale, ad onor del vero, anche per lo psicoanalista (che non a caso deve sottoporsi ad un rigoroso trattamento di analisi didattica prima di esercitare la professione).
Da questo deriva una fondamentale certezza: è il modo d’essere dell’educatore, prima ancora
che il suo comportamento pratico e/o professionale, a contare essenzialmente nel lavoro  formativo, come si vedrà meglio più avanti nella sezione dedicata alla "clinica della formazione".
Nella relazione educativa si attivano processi e dinamiche particolari, come il transfert e il
contro-transfert, che devono essere conosciuti e tendenzialmente padroneggiati da chi svolge
la professione di educatore.
Inoltre, la scoperta freudiana della sessualità infantile comporta un’immagine ben più omplessa del bambino rispetto a quella consueta, consolidata da una tradizione plurisecolare e consacrata in modo emblematico dalla cultura romantica, che definiva il fanciullo come un essere dotato di un’innocenza originaria, "il fanciullo dai boccoli d’oro". In Freud il bambino è sì un soggetto capace di fervida immaginazione, con una vita psichica ricca di emozioni e sentimenti, ma anche di pulsioni ambivalenti e aggressive, di conflitti anche distruttivi -ricordiamo la "scandalosa" definizione di Freud del bambino come "essere perverso polimorfo" (si veda la teoria sulla sessualità infantile, con il passaggio dalla fase orale alla fase anale, alla fase fallica).
Temi inerenti alla psicoanalisi infantile e alla sua forte influenza sul discorso pedagogico saranno ripresi dalla figlia di Freud, Anna, che si occupò specificatamente dei problemi educativi, ed in seguito da una serie di psicoanalisti che ci hanno regalato un quadro molto complesso ed articolato della vita psichica infantile: possiamo citare, tra tutti, Melanie Klein, E.Erikson, D.Winnicott, R.A.Spitz. La psicoanalisi infantile si è concentrata sui temi della  relazione che il bambino intrattiene nei primi anni di vita con le figure parentali primarie.
Freud ci offre lo spazio, al di là del setting terapeutico,di un uso generalizzato del metodo clinico nel campo delle scienze umane e, conseguentemente, delle scienze dell’educazione.
La corrente attuale di clinica della formazione si propone, più di altre, di riprendere la forza interpretativa, ermeneutica del metodo clinico all’interno del discorso pedagogico.

J. PIAGET

Jean Piaget è nato in Svizzera nel 1896. Durante gli studi di filosofia ha avuto modo di conoscere il problema della conoscenza sotto una prospettiva particolare: ciò lo ha portato a cercare la spiegazione biologica della conoscenza e a individuare i modelli del pensiero. Negli anni in cui era “direttore degli studi” di un istituto di Ginevra si è dedicato allo studio del bambino. Con l’aiuto della moglie ha passato molto tempo ad osservare le reazioni di vari esperimenti che ha fatto sui suoi tre figli. Ha intensificato gli studi sulla percezione e sottolineato l’importanza dell’affettività nel comportamento umano. Ha fondato il centro d’epistemologia genetica di Ginevra ed è morto nel 1980.
Nei suoi studi sullo sviluppo dell’intelligenza Piaget ha utilizzato più metodi:
- per il periodo che va dalla nascita ai tre anni si è servito dell’osservazione sistematica, che consiste nello studio continuo e prolungato di certi tipi di comportamento del bambino;
- per il periodo che va dai quattro ai tredici/quattordici anni si è servito del metodo critico, cioè creava situazioni problematiche che avevano l’aspetto del gioco ed invitava i bambini a trovare una soluzione ai problemi. Tali prove presentavano problemi critici ove Piaget poteva notare la capacità da parte del bambino di trovare la soluzione esatta, oppure poteva notare l’incertezza di chi ancora non possedeva certe conoscenze.
Per Piaget l’intelligenza è una forma di comportamento adattivo che è con concepita come una combinazione di fenomeni diversi, quali:
- differenziazione del sistema nervoso: crea i presupposti organici dell’attivazione di organi e di funzioni.
- interiazioni con il mondo fisico: l’esperienza è “fisico-percettiva”, se riceviamo informazioni e conoscenza o “logico-matematica”, se è riferita a ciò che possiamo fare con le cose;
- interiazioni con il mondo sociale: i contenuti ed i modi del pensiero sono condizionati dall’ambiente culturale e dall’azione educativa;
- equilibrazione: le strutture mentali si integrano e crescono secondo livelli di organizzazione stabili e complessi.
L’intelligenza realizza l’adattamento attraverso due processi complementari e interconnessi che agiscono in parallelo:
- l’assimilazione, “fatto primario della vita mentale”, è il processo mediante il quale il soggetto adatta l’ambiente a se stesso, rappresenta la capacità che il soggetto possiede di usare l’ambiente secondo le strutture mentali che già ha. Le esperienze vengono assimilate dal soggetto a seconda delle sue capacità di conservarle e di consolidarle;
- l’accomodamento avviene quando le situazioni createsi nell’ambiente richiedono dal soggetto nuove risposte; egli deve “accomodarsi” ai nuovi stimoli, modificando il suo comportamento. Così le strutture mentali hanno la possibilità di crescere, di darsi nuove possibilità adduttive, di adeguarsi ai nuovi bisogni.
Tra i due processi esiste un rapporto dialettico, in certi momenti può prevalere l’assimilazione (nel gioco simbolico), mentre in altri può prevalere l’accomodamento (quando il bambino imita i comportamenti degli adulti). Piaget individuò dei livelli di comportamento diverso all’interno dello sviluppo. Ogni fase poggia su quella precedente e prosegue in quella successiva, le differenze danno luogo ad una gerarchia di esperienze e di comportamenti.
Fase dell’intelligenza senso-motoria (0-2 anni)
Dalla nascita si attivano dei meccanismi ereditari di tipo senso-motorio che garantiscono una prima forma di adattamento. Tale fase si divide in sei stadi:
- esercizio degli schemi innati (0-2 mesi): nei primi due mesi di vita il bambino utilizza i suoi schemi innati, i riflessi (suzione, prensione, fonazione, riflesso pupillare e palpebrale). Il continuo esercizio di questi ha un importante funzione nella maturazione;
- reazioni circolari primarie (2-4/5 mesi): i riflessi ereditari si coordinano tra di loro per formare nuovi adattamenti (prime abitudini del bambino). I primi comportamenti acquisiti vengono definiti circolari poiché la reazione piacevole tende a stimolare nuovamente la reazione stessa, il termine primario sta ad indicare la semplicità del movimento, che è fine a se stesso. In questi primi due stadi se un oggetto esce dal campo percettivo del bambino questo non mostra alcuna reazione;
- reazioni circolari secondarie (4/5-8 mesi): il bambino coordina la visione e la prensione ed è in grado di esercitare il controllo della visione stessa. Sono caratterizzate dalla ripetizione di un movimento appreso per provocare nell’ambiente un fenomeno provocato in precedenza (sono rivolte agli effetti che le azioni hanno sull’ambiente). L’oggetto inizia ad avere un inizio di permanenza, il bambino è in grado di cercare un oggetto sotto un cuscino;
- coordinazione mezzi-fini (8-12 mesi): il bambino cerca di aggiustare i suoi atti agli oggetti esterni (se il bambino intende raggiungere un oggetto è in grado di allontanare gli ostacoli che vi sono tra lui e l’oggetto stesso). Nella comunicazione fa capire con chiarezza ciò che vuole. Il bambino considera l’oggetto come una realtà a se stante;
- reazioni circolari terziarie (12-18 mesi): compaiono attorno al primo anno di vita, sono caratterizzate da ripetizioni di azioni con variazioni che portano il bambino a scoprire nuovi mezzi per raggiungere gli scopi; esplorando arriva per caso a determinate scoperte. E’ in grado di scoprire le relazioni spazio-temporali e ritiene che gli oggetti hanno una loro esistenza autonoma, indipendente dalla sua attività. Il bambino ha maturato la permanenza dell’oggetto, lo percepisce come una vera esistenza autonoma;
- funzione simbolica (18-24 mesi): l’intelligenza raggiunge il pieno sviluppo in questo stadio, il bambino è capace di cambiare mentalmente schemi già sperimentati, è in grado di adattarsi alle nuove situazioni sulla base di ciò che percepisce, di una realtà rappresentata secondo certi effetti prima immaginati e poi raggiunti. Il bambino è in grado di ricercare l’oggetto nascosto in maniera non visibile. Secondo Piaget lo sviluppo del concetto di oggetto dimostra che i processi percettivi sono legati all’agire.
Prima dei due anni di vita nei movimenti del bambino compaiono alcune attività che favoriscono lo sviluppo delle capacità rappresentative, costituite dal gioco simbolico, dal linguaggio verbale e dall’imitazione differita. Il gioco simbolico ha una funzione d’accomodamento ed è caratterizzato da rappresentazioni mentali di una realtà che non è presente in campo percettivo. Dopo i 18 mesi gli oggetti che il bambino usa per giocare possono diventare veri e propri simboli di altri oggetti che non sono percettivamente presenti, ma appartengono alle rappresentazioni mentali del bambino. Il linguaggio verbale è uno strumento importante per la maturazione degli schemi rappresentativi, è “visibile” quando le parole cominciano ad evocare oggetti che non sono percettivamente presenti e quando il bambino comincia ad usare le prime frasi. L’imitazione differita è visibile quando il bambino comincia a riprodurre nei suoi comportamenti qualcosa che ha visto qualche tempo prima, tale imitazione denuncia la presenza delle capacità rappresentative ed è strumento di sviluppo di queste.
Fase dell’intelligenza pre-operatoria
Il termine pre-operatoria viene utilizzato per indicare il tipo di intelligenza che va dai due ai sette anni e precede l’intelligenza operatoria, cioè logica. Tale pensiero è irreversibile, infatti ha come caratteristica la non conservazione della quantità. Tutte le operazioni mentali si realizzano secondo schemi globali indifferenziati e soggettivi, il pensiero pre-operatorio è essenzialmente sincretico. Tale fase si divide in due stadi:
- intelligenza pre-concettuale: l’attività del bambino è costituita da un continuo esplorare l’ambiente, il bambino registra continuamente nuovi simboli che rafforzano e potenziano i suoi schemi mentali. L’azione del gioco simbolico, del linguaggio e delle attività imitative differite aiutano l’azione dell’assimilazione e dell’accomodamento, come ampliamento della visione del mondo. Le costruzioni mentali che caratterizzano questo periodo sono date dagli infra-concetti, che non sono ancora concetti veri e propri, in quanto il bambino non possiede ancora la nozione di classe. Gli infra-concetto non indica né la generalità del concetto, né la particolarità degli elementi. Il comportamento della figlia febbricitante di Piaget, che aveva un gran desiderio di arance viene definito transduttivo, poiché procede dal particolare al particolare ed è costruito senza concetti veri e propri;
- pensiero intuitivo: si sviluppa tra i 4 ed i 6 anni, periodo durante il quale le capacità rappresentative del bambino si sviluppano e si rafforzano ulteriormente. La caratteristica di tale pensiero è l’intuizione, in base ad essa il bambino definisce i concetti, indicando gli oggetti corrispondenti secondo il loro uso. Però vi è il primato della percezione sull’attività rappresentativa.
L’egocentrismo è una delle caratteristiche del pensiero pre-operatorio, Piaget ipotizza che egocentrismo e realismo siano le caratteristiche fondamentali di questo tipo di pensiero. Il bambino mette se stesso al centro della realtà, data l’impossibilità di considerare il punto di vista degli altri. Il realismo è la tendenza del bambino a rimanere prigioniero dei propri dati percettivi, che prevalgono su quelli rappresentativi. Si differenzia in:
- realismo nominale, che consiste nella stretta e intima unione che, per il bambino, esiste tra i nomi e gli oggetti; essendo il nome legato alle cose, secondo lui, non è possibile cambiarlo;
- realismo morale, è la valutazione morale dei comportamenti soffermata su ciò che è percepibile, cioè sul risultato visibile dell’azione;
- realismo onirico, Il bambino pensa che i contenuti dei sogni abbiano una loro consistenza materiale;
- animismo: è la conseguenza del fatto che egocentrismo e realismo non consentano al bambino di differenziare la propria esperienza interna da quella esterna, è costituito dalla tendenza a concepire le cose come viventi e dotate di intenzionalità;
- finalismo, fenomeno mediante il quale il bambino interpreta gli eventi del mondo fisico secondo una causa finale;
- artificialismo, nasce dalla convinzione infantile che tutte le cose siano state costruite dall’uomo o da un’attività divina che opera secondo le regole della costruzione umana.
In questa fase il bambino non è in grado di distinguere tra causalità fisica e causalità psicologica, mancandogli un sistema di operazioni logiche non può impostare alcuna verifica che gli consenta di uscire dal suo egocentrismo e dal suo realismo, che lo obbligano a spiegare i fenomeni naturali allo stesso modo dei comportamenti umani. Il bambino è incapace di sintesi (il bambino sa che la sua macchinina per correre ha bisogno delle ruote e del motore, ma non è in grado di capire la relazione logica che esiste fra i vari elementi), al posto della sintesi il bambino usa la giustapposizione, pone, infatti, i vari dati l’uno accanto all’altro senza chiare relazioni.
Fase dell’intelligenza operatorio-concreta
Durante l’età scolastica elementare vi è un mutamento nello sviluppo mentale del bambino che diventa gradualmente capace di individuare la reversibilità nelle proprie azioni. La capacità di compiere operazioni prova la presenza del pensiero logico. Il termine “concreto” indica il fatto che questo pensiero ha bisogno della concretezza dei dati, cioè il bambino ha ancora bisogno di operare su oggetti, fenomeni e situazioni percepibili, presenti nell’ambiente. Con le nuove capacità intellettivo-cognitive il fanciullo è in grado di considerare i vari fenomeni e i vari problemi da diversi punti di vista, non improvvisa più e abbandona gradualmente il modo intuitivo di adattamento alla realtà. Nella rappresentazione dello spazio è in grado di capire le relazioni euclidee; compare gradualmente nel disegno del fanciullo un’unica prospettiva che consente la conservazione dei rapporti metrici tra gli oggetti (relazioni euclidee). Allo spazio euclideo fa seguito anche quello proiettivo, il fanciullo si pone il problema di rappresentare i vari oggetti da un certo punto di vista. La costruzione delle nozioni temporali richiede la completa reversibilità del pensiero.
In questa fase il bambino sviluppa le nozioni di invarianza e di conservazione, da cui emergono i concetti di peso, massa e volume. Acquisisce inoltre la concezione di velocità, che implica la considerazione dello spazio percorso nell’unità di tempo. Le nozioni di invarianza, conservazione della quantità e velocità presuppongono la capacità del bambino di poter disporre delle operazioni illogiche della classificazione, della seriazione e della corrispondenza biunivoca. Piaget chiama “raggruppamento additivo delle classi” il raggruppamento logico che permette l’operazione della classificazione, capacità di raggruppare gli elementi che hanno caratteristiche comuni in un’unica classe. La classificazione verrà inizialmente operata secondo un unico attributo caratteriale e più tardi in base a più attributi alla volta. In questo stadio il bambino matura la seriazione, azione ove il bambino raggruppa oggetti secondo una o più qualità in comune, ma tiene conto della differenza di intensità della qualità in comune. La comprensione del numero è data dalla corrispondenza biunivoca, operazione logico-matematica, che presuppone la capacità di classificare. Mettendo in corrispondenza due gruppi di oggetti si può notare che ad ogni elemento del primo gruppo corrisponde un elemento del secondo gruppo, per cui i due gruppi risultano equipotenti; il numero è la qualità di due o più raggruppamenti che possono essere differenti in tutto ma non nel fatto di essere equipotenti.
Fase dell’intelligenza operatorio-formale
Fase che si estende dagli undici anni fino all’età adulta, ove il ragazzo è giunto alla conquista del pensiero astratto o formale, per cui è capace di ragionare in base alla logica intrinseca alle proposizioni, prescindendo dai loro contenuti concreti. Il pensiero formale è di tipo ipotetico-deduttivo, perciò l’adolescente è in grado di prendere in considerazione ipotesi non verificate e di riflettere sulle conseguenze date dalla verità o meno delle ipotesi stesse. Può superare la realtà percepita per accedere al mondo del possibile, dove esistono soltanto puri concetti. L’adolescente distingue tra la forma del ragionamento, giudicata per se stessa, e il suo contenuto. Questo stadio rappresenta il periodo delle utopie, degli ideali su cui il giovane fa riferimento, nell’adolescente vige il principio di non contraddizione (contesta).
Critiche a Piaget -Molti critici insistono sul fatto che Piaget non ha tenuto conto dell’incidenza delle differenze della personalità e di quelle ambientali nello sviluppo cognitivo. Cercano quindi di dimostrare che l’egocentrismo del bambino non va oltre i tre anni e che la permanenza dell’oggetto viene maturata molto prima, ma successivamente alla risposta agli stimoli sociali. Altri critici contestano il fatto che ha dichiarato che il risultato di tutto il processo maturativi dell’intelligenza è l’intelligenza formale, astratta; mentre vi sono diversi tipi di intelligenza: quella emotiva, data dall’empatia, quella verbale, molto sviluppata sulle parole, quella cinestatica. C’è chi critica la posizione piagettiana riguardo alla formazione dei concetti, o alla conservazione della quantità. Alcuni studiosi hanno accusato Piaget che lo studio del bambino avveniva in situazioni astratte, non naturali e che le formulazioni verbali usate non erano sufficientemente controllate. Il merito più importante accreditatogli fu quello di aver citato uno sviluppo di base.


____________________________________________________________________________________
I.2  - Pensiero filosofico e pedagogico.
 Le ricerche di Piaget si sono rivolte soprattutto alla psicologia dell'età evolutiva, e in particolare allo sviluppo dell'intelligenza, descritta nelle sue varie operazioni nell'intero arco dello sviluppo intellettuale, dalla nascita all'adolescenza, egli critica sia le impostazioni di tipo associazionista (che definisce genesi senza struttura), sia quelle di tipo gestaltista (che definisce struttura senza genesi).
 Secondo Piaget, il bambino attraversa una serie di fasi evolutive e ogni fase ha una sua strutturazione che la rende qualitativamente, e non solo quantitativamente, diversa da quella precedente. La prima fase (divisa a sua volta in vari altri periodi) è quella senso-motoria. L’intelligenza, infatti, si sviluppa su una base pratica attraverso l’azione.
Oggi nonostante gli approfondimenti e le modifiche operate, il suo lavoro rimane architrave negli studi dei processi di apprendimento, la stessa definizione di apprendimento può derivare dai suoi studi quale inteso ad acquisire concetti, nozioni, elaborazioni, esperienze, ovvero “prendere qualcosa su di sé. L’apprendimento è quel processo che permette di decodificare la realtà, produrre esperienze, operare un bilancio critico della stessa esperienza, - capacità di costruire strutture conoscitive ovvero la mappa conoscitiva che ogni individuo si costruisce a partire dalla prima infanzia utilizzando gli stimoli. Più saranno forti gli stimoli come basi, più saranno, con il passare degli anni, grandi le mappe conoscitive.
E’ nel contempo simile e diverso per ciascun individuo e viene elaborato in modi differenti, seppur con identici meccanismi di strutturazione. E’ il frutto dell’intelligenza, viene confrontato/verificato con i risultati, come capacità generale di apprendimento. E’ uno dei concetti chiave della didattica.
Una ricostruzione dell’affermarsi della prospettiva strutturale in ogni settore del sapere tra gli anni Cinquanta e Sessanta si ha in un libro di Jean Piaget del 1968, Lo strutturalismo. Piaget mostra la progressiva penetrazione  dell’idea di struttura in ambito linguistico, psicologico, matematico, nelle scienze umane e sociali, e fissa i caratteri di innovazione portata dallo strutturalismo in filosofia.
 I.3 - Struttura cognitiva
All’inizio il bambino ha a disposizione solo un corredo innato di riflessi, le sue percezioni non sono né coordinate tra loro, né coordinate all’azione. Progressivamente si formano le prime abitudini, le prime coordinazioni tra percezione e azione. Gli schemi d’azione progressivamente acquisiti vengono perfezionati e interiorizzati, nella ricerca naturale da parte del bambino di un adattamento all’ambiente, adattamento inteso in termini di equilibrio attivo e che si compone di due processi in stretta interdipendenza tra di loro l’assimilazione (l’incorporazione nei propri schemi naturali delle offerte dell’ambiente) e l’accomodamento (la modificazione del comportamento sulla base delle richieste ambientali). Il possesso di schemi d’azione interiorizzati reversibili segna l’ingresso nella fase dell’intelligenza operatoria concreta della fase dell’intuizione.
Bisogna ovviamente dire che le fasi non sono distinte e separate ma esiste uno sviluppo dialettico (arte di saper ragionare, interpretare la realtà confutare tesi con antitesi - discussione e contemplazione della verità razionale pura -) delle stesse e ciò avviene in modo che i processi siano presenti comunque contemporaneamente, ma vi sia predominanza di uno sull’altro.
I.4 - Autoregolazione
PIAGET si pone una domanda come psicologo - come funziona l’intelligenza nell’individuo che apprende? Ciò che definisce è una suddivisione di atti operati dalla coscienza individuale che si distinguono principalmente in:
Di merito,in considerazione, dei prerequisiti accertati degli allievi è la struttura cognitiva che è formata da fattori cognitivi che permettono l’apprendimento e la conoscenza.
 I.5 - Strutturalismo Genetico
Secondo Piaget l’autoregolazione è caratteristica permanente. I momenti e le fasi di questa struttura sono:


ASSIMILAZIONE
Acquisizione di stimoli esterni che costituiscono il materiale di costruzione delle mappe cognitive. Fissazione di schemi comportamentali
ACCOMODAMENTO
Modificazione della struttura cognitiva in base alla acquisizione di schemi nuovi.
                                                               EQUILIBRAZIONE
Nuovo equilibrio che permette alla mente di continuare il processo di  trasformazione.
I risultati del suo lavoro e le conseguenze educative dello strutturalismo genetico vengono da PIAGET presentati nella conferenza all’UNESCO alla fine degli anni ‘60 descrivendone i cinque punti cardine:
1)     Ogni persona ha diritto all’educazione;
2)     L’educazione deve essere gratuita;
3)     I genitori hanno, per priorità, il diritto di scegliere il genere di educazione da impartire ai loro figli;
4)     L’educazione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e al potenziamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; (educazione intellettuale e morale);
5)     L’educazione deve favorire la comprensione, la tolleranza e l’amicizia tra tutte le nazioni e tra tutti i gruppi razziali e religiosi, come pure lo sviluppo delle attività delle nazioni unite per il mantenimento della pace.
Sotto si riporta lo schema delle conseguenze dello strutturalismo genetico derivante dal quarto punto:

EDUCAZIONE INTELLETTUALE -Conquista dell'autonomia-Metodi attivi
EDUCAZIONE MORALE-Autoregolazione sociale-Autodisciplina
Strutturalismo genetico, studio delle strutture operatorie con cui vengono pensate e sviluppate storicamente le scienze e che “comportano inoltre un carattere di autoregolazione nel senso cibernetico del termine”.
Quindi possiamo dire che la educazione intellettuale è la conquista dell’autonomia e si conquista adottando i metodi attivi di Dewey mentre la educazione morale è l’educazione e lavoro di gruppo dove si arriva all’autodisciplina interna incoraggiata al massimo.
 II.7 -   Conclusioni
Le conseguenze dei suoi studi, che si rifanno a quelli di ROUSSEAU ed all’attivismo di J.DEWEY, si fondano essenzialmente nello slancio democratico dell’individuo e dei gruppi che evolvendosi modificano in positivo la società.
Si deduce che la COMUNICAZIONE FORMATIVA è intenzionale con metodi e tecniche didattiche che sono:
Ø  Contenuti (interesse reale motivazione intrinseca)
Ø  Stimolare al metodo (organizzazione di strategia)
Ø  Esercizio (cooperazione) del lavoro di gruppo (autodisciplina)
Detto ciò un buon formatore deve saper trasmettere:
Ø  Contenuti (interesse della persona – interessi reali con motivazione intrinseca)
Ø  Metodo come organizzazione di strategia (insegnare la giusta strategia)
Ø  Autoregolazione sociale-lavoro di gruppo (autodisciplina, educazione intellettuale e morale, tramite il lavoro di gruppo- indispensabile allo sviluppo della personalità)
L’esperienza vissuta e la libertà di ricerca, senza le quali la conquista di qualsiasi valore umano, non è che illusione.

L.S.Vygotskij
La cultura pedagogica russa ha avuto anche un forte impulso dalle ricerche di psicologia molto intense in quel paese fin dalla fine dell'Ottocento. Figura dominante in questa prima fase fu I. Pavlov (1849-1936) che impostava il suo lavoro d'indagine in senso chiaramente fisiologico, nel senso che considerava i comportamenti come riflessi, cioè come risposte innate del sistema nervoso a determinati stimoli. Lavorando su questa ipotesi egli scoprì, mediante appositi esperimenti condotti in laboratorio su dei cani, che certi riflessi potevano essere trasferiti, mediante associazione, dagli stimoli originari ad altri indotti artificialmente. In questo caso il riflesso si chiama "condizionato". Secondo questa prospettiva, che assimila il comportamento umano a quello animale, l'apprendimento non sarebbe altro che un sistema di riflessi condizionati tra gli stimoli a scopo di adattamento.
A Pavlov si oppone la scuola "storico-sociale" che intende recuperare la dimensione specificamente umana dell'apprendimento e quindi della formazione. Il suo fondatore fu L.S. Vygotskij (1896-1934), autore di numerosi lavori scientifici ("La coscienza come problema della psicologia del comportamento", "Psicologia pedagogica", "Psicologia dell'adolescente") e del famoso "Pensiero e linguaggio", che per l'impostazione eterodossa rispetto alla cultura ufficiale sovietica, fu conosciuto in Occidente solo negli anni Cinquanta per opera dei suoi allievi A. Lurija e N. Leontev che ne proseguiranno anche le ricerche. L'impostazione metodologica di Vygotskij è del tutto originale, emergendo dal confronto critico con le principali scuole a lui contemporanee, ma soprattutto con la psicologia di Piaget come risultava da "Il pensiero e il linguaggio del fanciullo". Pur condividendo il concetto di sviluppo intellettuale come dialettica tra assimilazione e accomodamento, egli ne respingeva le conclusioni circa l'egocentrismo e il rapporto tra pensiero e linguaggio. Per lo studioso svizzero lo sviluppo è un fenomeno prevalentemente autonomo, così come la nascita del linguaggio è subordinata allo sviluppo cognitivo evolvendosi da una fase egocentrica ad una socializzata; ne derivava la separazione tra i processi di sviluppo da un lato e istruzione-educazione dall'altro, dove il secondo segue il primo senza subire particolari accelerazioni. Al contrario per Vygotskij, che in questo punto è coerente con la visione marxista, l'aspetto caratteristico dello sviluppo è costituito dalla socialità: il bambino cresce nell'interazione con gli altri, così come il linguaggio, che ha un'origine indipendente dal pensiero, è immediatamente uno strumento di comunicazione con il mondo esterno, mentre la fase egocentrica risulta posteriore e sostanzialmente coincidente con con la capacità di riflessione introspettiva e di monologo interiore che si raggiunge in età adulta. Il bambino vive in un ambiente, comprende e utilizza linguaggi, sistemi comunicativi e strutture di pensiero di cui solo in seguito prenderà coscienza. Ne consegue che lo sviluppo del linguaggio influenza quello del pensiero perché consente la mediazione sociale sia sul piano del controllo delle azioni su quello dell'uso dei simboli e dei concetti. Quindi l'apprendimento, l'istruzione non sono un aspetto consequenziale dello sviluppo e della maturazione, ma precedono lo sviluppo stesso nel senso che i processi educativi non solo scolastici, ma anche pre- ed extrascolastici forniscono, in modo molto più precoce ed esteso di quanto le semplici attività educative intenzionali e istituzionali potrebbero indurre a ritenere, interventi e motivazioni che anticipano e promuovono lo sviluppo. Esiste dunque "un'area di sviluppo potenziale" dove i giusti stimoli educativi producono progressi nell'apprendimento altrimenti irrealizzabili. Vygotskij parlava, a proposito dello sviluppo umano, di processo storico-culturale, di psicologia storica umana, di psicologia sociale evidenziando come l'adulto mediante l'educazione fornisca al bambino gli strumenti per la costruzione del proprio apparato conoscitivo. Infatti al centro del suo studio vi è l'ambiente sociale come fattore di promozione dello sviluppo, per cui tutte le relazioni intersoggettive con gli adulti (comprese quelle famigliari del neonato) possiedono una forte valenza educativa in quanto sono comunque percorsi culturali senza i quali l'uomo non può acquisire le sue qualità e funzioni specifiche. Da questo punto di vista molte attività vengono reinterpretate alla luce di una nuova concezione della loro funzione psico-pedagogica. Particolare attenzione viene dedicata al gioco, su cui Vygotskij scrive pagine di straordinario vigore speculativo. Già oggetto di rivalutazione da parte delle scuole attivistiche, egli, pur non ritenendolo l'attività prevalente del bambino, lo considera tuttavia una delle principali "aree di sviluppo potenziale" per il conseguimento di mete cognitive altrimenti impossibili. Infatti sono le tendenze irrealizzabili del bambino a promuovere il gioco nel quale contemporaneamente il pensiero e il linguaggio si staccano dalla realtà delle cose (che pure continuano a servire come strumenti e come appoggi) per promuovere e suscitare comprensioni e usi di significati e di sensi nuovi. La differenza tra situazioni fittizie e reali, tra gioco totalizzante e gioco come momento particolare nella vita del bambino, fanno sì che egli sia sempre "al di sopra della sua età media, al di sopra del suo abituale comportamento". Nel gioco il bambino fa ciò che desidera di più, in quanto il gioco è legato al piacere: operando in una situazione reale ma con un significato staccato, da un lato segue "la linea della minore resistenza"; ma dall'altro impara ad agire secondo la linea opposta perché, nello stesso tempo, nel gioco si sottomette alle regole e rinuncia a ciò che vuole. I definitiva il contributo più significativo di Vygotskij alla riflessione pedagogica sta nel dare unità e sistematicità al processo educativo producendolo e cogliendolo nella società, nella storia, nella cultura, ma anche nella coscienza della persona secondo un 'organicità che comprende tutti gli aspetti (dimensione affettiva e sociale, pensiero e linguaggio, arte, gioco, lavoro, scienza) della vita.
La polemica tra Vygotskij e Piaget: il linguaggio egocentrico
Vygotskij approfondisce e critica l’interpretazione del concetto di egocentrismo di Piaget. Per intendersi sul significato di questo termine è utile darne una definizione che prenda  in considerazione i diversi aspetti dell’egocentrismo, possiamo dunque definirlo come un’incapacità di prendere in considerazione simultaneamente più di un punto di vista nell’analizzare la realtà. Bisogna premettere che i due autori partono da presupposti diversi, in quanto Piaget sopravvaluta il ruolo del pensiero rispetto al linguaggio e ciò lo porta a credere che, se il pensiero del bambino è egocentrico anche il suo linguaggio rifletterà tale caratteristica e considera questa fase solo negativamente, Vygotskij considerando il linguaggio non solo in quanto mezzo di comunicazione, ma anche come strumento per riflettere sulla realtà, crede che il linguaggio egocentrico abbia anche la funzione positiva di comprensione delle proprie attività mentali e costituisca un modo di accostarsi a sé stessi. Per Piaget dunque, il linguaggio egocentrico è una conseguenza dell’egocentrismo cognitivo, dovuto all’immaturità del bambino, per Vygotskij invece, è un importante momento del processo di interiorizzazione del linguaggio, oltre che una modalità funzionale che permane per tutta la vita.
Le radici genetiche di pensiero e linguaggio
Secondo Vygotskij, pensiero e linguaggio hanno due diverse origini. Il pensiero ha un’origine interna e l’autore su questo punto, concorda con Piaget nel ritenere che il pensiero nasca tramite l’azione senso motoria sulla realtà. Il linguaggio ha un’origine esterna, viene cioè appreso dal bambino tramite l’ambiente fatto da persone che usano il linguaggio. Il linguaggio esprime sin dall’inizio la sua natura sociale, Il bambino inizia a parlare per mettersi in rapporto con l’altro, per richiedere attenzione e risposte ai suoi bisogni, con modalità sempre più comunicative, progressivamente il linguaggio tende all’interiorizzazione, cioè serve sempre di più da ausilio alla riflessione. Successivamente subentra la fase del linguaggio egocentrico ed è qui che pensiero e linguaggio che finora avevano seguito traiettorie separate, anche se parallele, si uniscono. Durante questa fase il pensiero acquisisce un nuovo strumento che potenzia le sue capacità: il simbolo. Nel percorso di pensiero e linguaggio dunque il pensiero tende progressivamente ad esteriorizzarsi, mentre il linguaggio tende sempre di più all’interiorizzazione, attraverso forma di pensiero silenzioso.
LINGUAGGIO
Vigotskij ritiene che il linguaggio sia uno strumento potente per organizzare la realtà. Se non avessimo il linguaggio, che ci permette di etichettare le varie categorie, non riusciremmo a distinguere le une dalle altre. Per mettere in risalto tutto ciò Vygotskij utilizza l’esperimento sui concetti, il quale consiste nella presentazione ad un bambino di alcuni cubi colorati su uno dei quali  è scritto “zig”, una parola totalmente arbitraria. Si dice al bambino: “questo è uno zig, adesso trovami un altro zig”. A questo punto si crea un’ipotesi di collegamento ritenendo che l’altro “zig” sia un cubo che si trova vicino a quello mostratogli dallo sperimentatore. Quando lo solleva scopre che è zag, quindi deve cambiare criterio di individuazione del cubo richiesto. Procede, così per prove ed errori, strategia che porta il bambino a rivoltare tutti i cubi presenti. A questo punto abbiamo l’individuazione di una regola tramite degli esempi che riguardano una determinata categoria.  Questo esperimento è considerato un metodo innovativo che riesce a mettere in risalto il ruolo del linguaggio inteso come ausilio per classificare la realtà.

Nessun commento:

Posta un commento