Oggi la sfida per le persone con
disabilità risiede soprattutto nella possibilità di guadagnarsi lo spazio per
il riconoscimento (per quanto sembri scontato, in realtà non lo è) della
propria individualità, per pensare e progettare guardando al futuro e nel
rispetto del riconoscimento della normalità. La normalità è qui intesa come
diritto ed effettive possibilità di partecipare ai contesti di vita, assumendo,
come tutti, i diversi ruoli sociali: nella scuola, come studente che apprende;
nel mondo del lavoro, come individuo che contribuisce alla produzione, nel
contesto culturale ricreativo, come fruitore, e così via. La disabilità è il
prodotto dell’interazione dell’individuo con la società; per cui, non è la
presenza in sé di una limitazione nelle funzioni o strutture corporee che crea
la disabilità e la non accettazione, ma è la presenza di barriere culturali e
fisiche che impediscono la piena partecipazione delle persone alla vita
sociale. Le persone con disabilità, come tutti gli altri cittadini e come tutti
gli esseri umani, vogliono vivere nei propri normali contesti di vita, non
necessitano di contenitori separati dalla vita e dal mondo. Come tutti,
vogliono essere riconosciuti nelle loro competenze, capacità ed interessi; vogliono
essere riconosciuti nella loro individualità, e proprio come chiunque altro
affermano il diritto di poter parlare da protagonisti. Nell’epoca moderna non
si può lasciare che gli stereotipi legati alla disabilità, condizionando il
giudizio collettivo sulle persone che hanno una disabilità, abbiano
un’influenza sulle politiche e interventi pubblici. Come operatori nel sociale
e come individui dobbiamo contribuire all’abbattimento del pregiudizio sulla
diversità. Se le persone con disabilità sono diverse, la domanda a cui dobbiamo
dare una risposta è: “diverse da chi?”.