WEBER E LA
SOCIOLOGIA COMPRENDENTE
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Max Weber studiò giurisprudenza a Heidelberg
a Berlino e si trovò immerso nel clima intellettuale dello storicismo
tedesco, non poteva dunque sottrarsi alle influenza delle critiche al
positivismo. Tuttavia, anziché sposare semplicemente le tesi storicistiche,
cercò di conciliare tendenze positivistiche ed ermeneutiche, fondendo in un
approccio originale gli aspetti validi di entrambe: creò quella che va sotto
il nome di sociologia comprendente. Weber era convinto che le realtà
sociali andassero studiate dall’interno a partire dal senso che i partecipanti
danno alle loro esperienze (rilevanza del soggetto, tipica
dell’ermeneutica), anche che la scienza sociale non potevano fermarsi alla
pure descrizione dei particolari.
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Il
positivismo sbagliava a guardare i fatti umani dall’esterno ma aveva ragione
a cercare leggi generali e spiegazioni. Alla rilevanza della soggettività
bisognava aggiungere la rilevanza delle generalizzazioni. Il metodo
delle scienze storico-sociali fu esposto da Weber in vari scritti raccolti
postumi in un volume del 1922.
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L’oggetto
precipuo della sociologia sono le azioni sociali, quei comportamenti
individuali che dal punto di vista soggettivo hanno senso sociale, perché
rivolti agli altri o alla collettività. I sociologici precedenti (Comte,
Durkheim e Marx) si erano interessati alle grandi strutture e ai processi
sociali, ma se vogliamo capire realtà come le istituzioni, le religioni,
l’assetto economico, l’organizzazione politica, dobbiamo partire dal suo mondo,
dalle cose che quotidianamente fa e da come le intende.
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Per
studiare le azioni sociali occorre seguire il procedimento interpretativo
basato sull’empatia e sulla riproduzione dei vissuti altrui, ma affinché i
risultati ottenuti abbiamo dignità di discorsi scientifici, l’interpretazioni
non può ridursi a descrivere casi singoli, ma deve sfociare in una
concettualizzazione abbastanza generale da consentire spiegazioni e teorie.
Ciò che si ricava dalla comprensione delle azioni sociali è il tipo ideale,
cioè un particolare modello concettuale che somiglia da vicino a ciò che oggi
in filosofia della scienza, si chiama modello e di distingue dalla
teoria, perché a differenza di questa non pretende di riprodurre la realtà.
Consiste in un costrutto concettuale con un grado di generalità intermedia
tra quelli assai astratti adoperati dai positivisti e quelli troppo
particolari degli storicisti. Da un lato non perde di vista la peculiarità
della situazione specifica, dall’altro consente di fare confronti tra situazioni
simili. Il tipo ideale viene ricavato dalla realtà concreta, ma se ne
discosta perché il ricercatore seleziona determinati elementi, ne accentua
alcuni più di altri e crea un complesso di collegamenti più unitario e
coerente di quello che nei fatti esiste. Il tipo ideale costituisce
un’esagerazione concettuale della realtà empirica. Nella realtà non
ritroviamo praticamente mai il tipo ideale, non solo in quanto è
un’esagerazione concettuale, ma anche perché di solito più tipi ideali si
mescolano a formare il tipo concreto. La morale del singolo protestante o di
una comunità di protestanti, ad esempio, difficilmente sarà uniforme (la
concezione di etica protestante è un modello) e avrà, accanto ad aspetto
dell’etica protestante, aspetti di altre concezioni del bene e del male,
riconducibili ad altri tipi ideali. Il tipo ideale è uno strumento euristico,
un mezzo utile nella ricerca e nello sviluppo della conoscenza. Offre un
parametro di riferimento rispetto al quale inquadrare ciascun caso concreto, vedendo
quanto vi si avvicina o se ne discosta. Fa da base per instaurare confronti e
consente anche di stabilire correlazioni.
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Un
concetto assai noto nella metodologia di Weber è quello di avalutatività.
Lo scienziato secondo Weber non può fare a meno di valutare, perché sceglie
di quale problema occuparsi e di conseguenza astrae in un modo anziché in un
altro. La sua visione è necessariamente parziale e orientata. Nel suo lavoro
però lo scienziato deve sforzarsi di scindere la costatazione dei fatti dai
giudizi di valore. Il suo compito è descrivere e spiegare la realtà nei
limiti dell’orizzonte che si è dato interessandosi a un determinato problema.
Avere questa consapevolezza significa essere avalutativi. A giudizio di Weber
il sociologo, a differenza di Saint-Simon, Comte e Marx, non può consigliare
la gente o guidare i politici. Anche se con le sue indagini e le sue teorie
può aiutare chi deve decidere a chiarirsi le idee, non può sostituirsi a lui,
perché in ultima analisi stabilire come agire implica una scelta di valore
che va al di là del campo della scienza. In Weber si riaffaccia la tensione
tra sociologia e politica sociale presente in Montesquieau che si era
affievolita in seguito, quando, dinnanzi alle grandi trasformazioni
storico-sociali, la preoccupazione per le sorti del mondo moderno aveva preso
il sopravvento su quella per il distacco e la naturalità scientifica.
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LA
STRATIFICAZIONE SOCIALE
A differenza
di Saint-Simon e Comte, per Weber non siamo di fronte a un organismo sociale
ben ordinato e funzionale, ma, come per Marx, a un teatro di lotte, dove si
agitano forze contrastanti. La struttura sociale è per Weber dominata dalla stratificazione,
dalla suddivisione in categorie e gruppi stratificati, ma rispetto a Marx la
sua spiegazione del fenomeno risulta più complessa, meno rigida e schematica,
più capace di render conto della varietà e della fluidità degli strati
sociali. Di conseguenza si applica meglio di quella di Marx alle società
moderne pluralistiche che caratterizzano il capitalismo avanzato.
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La teoria
della stratificazione di Weber differisce da quella di Marx principalmente
per due motivi: è interattiva e tridimensionale. Per Marx la divisione in
classi dipende da condizioni strutturali e rispeccia la distribuzione della
proprietà e della ricchezza in seno alla società, mentre Weber pensa che
siano gli individui a creare divisioni attraverso le loro interazioni
quotidiane. La gente tende ad aggregarsi sulla base di determinate
caratteristiche, formando gruppi esclusivi, da cui è tenuto fuori chi non ha
i requisiti richiesti. All’isolamento del gruppo contribuisce il fatto che
nel rapporto tra individui che hanno qualcosa in comune ciascuno rafforza la
propria identità, i propri valori e le proprie convinzioni. La
stratificazione sociale è il risultato della formazione di molteplici gruppi
che si escludono a vicenda, ponendosi l’uno in posizione di superiorità
rispetto all’altro. I fattori di aggregazione degli individui sono
essenzialmente tre: l’economia (associazioni operaie), il potere
(gruppi al potere) e la cultura (gruppi religiosi o formati da
letterati e persone con gusti e convinzioni comuni). C’è una stratificazione
tripartita: Accanto alla gerarchia di classe, su base economica, esistono
quella di appartenenza politica, fondata sul potere, e quella di ceto, legata
alla cultura. Per Weber le tre stratificazioni sono interdipendenti,
le tre gerarchie si influenzano cioè reciprocamente. Se è vero che esiste una
coscienza di classe, per cui la cultura degli individui si plasma in base ai
loro interessi economici, è possibile infatti anche l’influenza inversa:
l’appartenenza a un gruppo culturale può condizionare la posizione economica
(ad esempio i calvinisti tendevano a riuscire nel lavoro perché avere
successo voleva dire dimostrare di essere predestinati, e i mandarini cinesi
per ricoprire le alte cariche dovevano eccellere nell’istruzione del
confucianesimo e superare difficili esami di letteratura e religione).
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Per Weber
la stratificazione sociale è instabile e soggetta a trasformazioni cicliche,
in cui a fasi di cristallizzazione (gli stessi gruppi tendono a trovarsi allo
stesso livello sul piano economico, del potere e della cultura, infatti chi
sta ai vertici di un settore cerca di arrivarci anche negli altri) delle
posizioni ne succedono altre di dispersione (i cambiamenti di scenario, la
concorrenza interna a ogni settore, le spinte dal basso mettono a soqquadro
la stratificazione cristallizzata, le tregerarchie tornano a dividersi e il
ciclo ricomincia).
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LA GENESI STORICA DELLA MODERNITA'
Weber più
che interrogarsi sul futuro si interessò alla genesi storica della modernità
e fu quasi assillato dal desiderio di capire dove andavano rintracciate le
radici delle profonde trasformazioni verificatesi dal XVII secolo in poi: per
Weber il nocciolo della modernizzazione sta nell’industrializzazione,
ma le premesse che l’hanno resa possibile anziché di ordine economico sono
culturali e vanno cercate parecchi secoli addietro. In Gran Bretagna in
quegli anni è semplicemente successo che una serie di circostanze favorevoli
hanno fatto scattare un meccanismo già presente nella storia, seppure rimasto
allo stato latente. Secondo Weber l’industrializzazione è stata preparata da
un processo graduale che ha reso la vita sociale sempre più razionale e
prevedibile, che egli chiama disincantamento del mondo, sempre meno si
è data importa ai fatti mitici e soprannaturali, alle questioni personali e
particolari, al senso poetico, mentre ha acquistato rilievo crescente la
visione disinvolta e distaccata fondata sulla ragione e sulle regole. La
storia del disincantamento è divisa in due tappe fondamentali: la nascita
delle grandi religioni mondiali (si è introdotta la fondamentale
distinzione tra naturale e soprannaturale, il mondo non è più spiegato con
l’intervento degli dei ma con la ragione, e considerando gli uomini tutti
simili sotto lo stesso dio sono nati i presupposti per gli scampi su larga
scala, gettando il seme per la globalizzazione) e l’avvento della
burocrazia nelle organizzazioni statali (se prima si confondevano beni di
stato e beni privati poiché i regnanti, con il loro sistema patriarcale,
avevano rapporti personali con i propri collaboratori, ora con
l’organizzazione burocratica i funzionari hanno ruoli fissati, seguono
procedure prestabilire e sono stipendiati per cui beni privati e beni
pubblici restano distinti. Secondo Weber la burocratizzazione c’era già
nell’antico Egitto, ma si consolida ancora di più ad opera della Chiesa sotto
l’impero e ancor più con le grandi monarchie europee.
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